Nero Claudius Caesar Augustus Germanicus

di

Alessandra d’Epiro dusmet de Beaulieu

 Letteratura e Teatro

Romanzo e Dramma

Arte e Storia

Nero Claudius Caesar Augustus Germanicus ritrae la personalità dell’Imperatore del popolo, tra potere ed amore, ragione e passione, avvolta dalle mendaci ombre della storia nei tria vitia, saevitia, avarizia e libido condannata da Tacito e poi assolta in un’ultima opera, nella potenziale verità dei fatti, scevra dalle condanne aristocratiche e cristiane.

Nerone, talento politico ed artistico, di gusto aulico ed ellenico, desidera una cultura superiore greco-romana, per un Impero cuore del mondo d’Occidente e d’Oriente, basato sulla convivenza di etnie diverse, nella pace e nel benessere, trasla la koinè politica nella koinè estetica, come Alessandro Magno e chiude le porte del tempio di Giano come nell’era di Augusto.

  Nel coraggio delle scelte, nell’eccellenza delle opere  e nel valore delle idee  che vivono oltre la vita dell’uomo, ispiratrici di una rivoluzione politica, pace versus guerra, sociale, patrizi accanto a plebei, edilizia, progettazione, attuazione  e sperimentazione, economica, aureus e denarius, culturale, Romani e Greci, nella collazione shakespeariana delle fonti classiche,  arte e storia si intrecciano, nella predilezione della retorica greca e latina in figure di costruzione, di dizione, di elocuzione, di pensiero, di ritmo e di significato, in una polisemantica, dell’opera a diversi livelli di interpretazione e di lettura, in electio e compositio, in immagini reali e virtuali, tra verità, mito e leggenda,  mirando ad eternare la grande idea, ad “ avvolgere nei sentimenti le figure storiche, ad immaginarle dopo averle comprese, farle rivivere anche quando sepolte sotto la coltre dei secoli e come nel caso di Nerone, anche quando vittime di una condanna forse ingiusta”( in Prefazione  Ugo d’Atri,  Presidente Istituto Nazionale Guardia d’Onore al Pantheon, Roma).

Nell’idea del meraviglioso e della conquista Nerone e Alessandro “ arditamente ma non infondatamente accostati”( d’Atri) divengono hetairos, in un inscindibile legame, aretè, di eccellenza seppur diversamente espressa; nell’ambizione, nella fierezza, nel fascino arcano e fatale, nell’intelligenza e nella saggezza, nella discendenza da Achille guerrieri, Iulia Agrippina rievoca Olympias, Principessa d’Epiro e madre di Alessandro Magno, le due aristocratiche donne virago che non hanno superiori, se non il travolgente affetto filiale.

Preludio all’opera  sono: l’evocazione del ricordo del giardino delle idee che vivono oltre la vita degli uomini, delle idee di Alessandro e di Nerone e l’aforisma “Il limite tra il vero ed il falso/tra il bene ed il male/tra la creatività e la follia/tra il giusto e l’iniquo/è talmente labile/che spesso essi siconfondono”. Incipit dall’eternità  le parole  emblema della personalità di Aléxandros, in epilogo di Nerone: “Amo l’idea del meraviglioso/che tende all’ineffabile/amo l’idea della conquista/più che la conquista stessa/L’idea è grande se vive/oltre la vita dell’uomo/le idee che vivono nell’eternità /nell’eternità s’incontrano…” .L’opera  shakespeareneamente letteraria e teatrale, lettura e  recitazione, declamazione e interpretazione, romanzo e dramma in tre atti e trenta scene,  armonia e disarmonia di pensieri, colori, immagini, azioni, sorprese e tensioni che tendono ad emozionare il lettore e lo spettatore prosegue con le parole di Dione Crisostomo  AD 98 AD Regno di Traiano: “Ancora adesso tutti si augurano che egli sia ancora in vita…in realtà molti credono che lo sia”.  Poi flash forward  fino al 2009 ad Anzio, il primo narratore onnisciente  in terza persona dipinge un suggestivo scorcio della baia della Villa Imperiale  “ Cristalli blu sugli scogli neri…ambra verde sulle dune miele…clamide empirea  su perle cenere”  dove  Eros  trionfa su Thanatos/ Thanaos, morte in opposizione ad amore, farfalla bruna della morte in opposizione a farfalla bianca della vita, intorno al misterioso Febo, epiteto di Apollo, che “…parla dell’amplesso fugace di Nerone e Poppea in una corte d’avorio di candide farfalle”, esordendo con la leggenda d’amore,  per l’invocazione di Poppea alla dèa Iside, dono concesso dal Fato ad Anzio, nel giorno del Genetliaco dell’Imperatore, il quindici dicembre di ogni anno.

Un improvviso  flash back spazio temporale riporta a diciotto giorni prima delle Calende di Gennaio AD 37, alla nascita di Nerone nella Villa Imperiale  di Anzio ed ancora  uno shift  trasla l’inizio della narrazione del secondo narratore, di Tacito , Gallia Narbonensis AD 120 fino alle parole dell’Augusta Mater: “…Feri…Ventrem Feri!” , che si ripetono nella scena climax dell’opera.

Dal monologo interiore di Agrippina, flusso di pensieri e materializzazione visiva dei ricordi,  costruito sull’esegesi delle fonti e dei sentimenti, dai giochi d’infanzia negli accampamenti militari in Germania, ai rostri  della flotta di Anzio dell’Impero di Roma col fratello Gaio, Caligola, ad Anzio nel giorno della nascita di Nerone : “…Qui nella Villa dei Cesari di Anzio…ora al primo sorgere del sole…i suoi raggi ti toccano prima di toccare la terra…”  emerge la straordinaria forza di una donna che già sente di essere Imperatrice e madre di un Imperatore: “ Da Ara Ubiorum mi avvolge la luce delle fiamme che si accendono spontanee sugli altari consacrati alla vittoria…Mi inebria il fragore delle spade contro gli scudinel frastuono delle lame che stridono e scintillano roventi al sole”.  Il monologo interiore di Poppea, verso il flusso di coscienza,  è evocazione e florilegia dei sensi nell’amore per Nerone: “Amami ancora su note di onde di turchesi e di smeraldi…cingi i miei fianchi di ghirlande di conchiglie…”

Varia il tempo, nel passato, nel presente e nel futuro, sempre nell’uso  del presente storico che rende vivi i personaggi e vivide le emozioni, in cui storia e trama, fabula  ed intreccio, lineare, ad incastro, a storie parallele, spesso coincidono nella successione cronologica e logica degli eventi. Varia lo spazio dell’opera  nelle principali locations della  sequenza delle scene della vita reale dell’Imperatore, ricche e povere, allegre e tristi di Roma ed Anzio, Palazzo dei Cesari, Domus Aurea  e Villa Imperiale,  Fori, Campo di Marte e fervens Subura, Napoli, Pompei, Villa di Oplontis e Corinto,  domus e insulae   anfiteatri e templi. Varia la prosa e la poesia in prosa, la lingua aulica e scenica in climax e anticlimax semantici e sintattici, oltre che nelle parti e nei contesti, dalla soavità  del narratore onnisciente in terza persona iniziale e finale che  in epilogo si rivela autobiografico, in prima persona, da narratore esterno diviene interno, alla gravità  del Tacito inedito, dal discorso diretto al discorso indiretto, dal punto di vista interno al punto di vista esterno;le espressioni ed il dialogo interamente in latino tra allievo e maestro, Nerone e Seneca esaltano la storicità dei personaggi,  contemplano il pathos elevato della profondità  e complessità dei sentimenti e delle relazioni : “Possumus seniores amici quietem reposcere…”; il lessico particolare ( vassallo, etc.), viene usato per intelligibilità dal misterioso lettore-attore Febo, che traduce simultaneamente dal latino, all’ascoltatore-attore-narratore.Varia l’azione, diacronica e sincronica, nel susseguirsi e nella contemporaneità degli eventi. Variano i ruoli assunti o subiti dai personaggi che, come nella vita reale, fusione di piacere e dolore, di dramma e di dilemma, di bene e di  male, di tragico e di comico, a volte di elegiaco, di erotico e di patetico, si alternano da protagonisti e non ad antagonisti e non, così primari da soffocare gli altri, così secondari da scomparire.

Nella intrinseca  forza espressiva dell’opera l’ interpretazione/lettura di un singolo personaggio, spesso in aneddoti di interiorità ed esteriorità, pensieri, idee, costumi e gioielli, di diversi artifices e lectores con fisicità, abilità, personalità diverse, nella originale e discrezionale esegesi, ne rileva, ne rivela e  ne enfatizza parzialmente tutte le suggestioni, contribuendo all’intera ricostruzione storica di vite non riemerse ma risorte.

Agrippina Maggiore e l’eroe Germanico compaiono attraverso Agrippina Minore, così come Caligola e gli altri fratelli e sorelle, Claudio da personaggio minore diviene dominante da Imperatore e marito di Messalina, ma dopo la morte della Meretrix Augusta, ritorna inferiore  con il figlio Britannico, per la superiorità a cui assurgono Agrippina e Nerone. Agrippina si sostituisce a Messalina nella scena del trionfo di Claudio sui Britanni, quando egli sale in ginocchio le scale del Campidoglio. Nelle opposizioni di potere il Precettore Seneca ed il Prefetto del Pretorio Burro, non rivali in arti diverse, dapprima spettatori del potere superiore di Agrippina,  alleati tra loro, divengono attori di potere, nell’intuizione di disgiungere il potere della madre da quello del figlio, che ben comprende, per cui entrambi ben presto escono di scena. Ottavia personaggio minore, scompare al sopraggiungere dell’antagonista Poppea, che appare ed evolve gradualmente da pensiero materno a comparsa, volto tra i volti, all’àgape della morte del fratello Britannico, antagonista di Nerone, da fanciullo già minore rispetto a Tito e Nerone, poi Imperatori; Britannico, che vede Nerone già marito di Ottavia, per motivare a sé stesso l’amore ed il favore del popolo, diviene dominante solo nell’episodio del convito e nelle allusive parole: “…Colui che mi priva del trono e dell’Impero di mio padre..” . Poppea dominante ambisce a sciogliere il legame tra Nerone e Agrippina per sciogliere quello tra Nerone e Ottavia. Agrippina e Poppea, sono allontanate dall’odio nella lotta per l’amore di Nerone tanto da non  ritenere l’una degna della parola  dell’altra nel reciproco timore della preminenza.  Nerone-Poppea-Otone sono protagonisti nel matrimonio da cui trarre vantaggio personale, sempre in amore e potere. Brevi ma importanti le parti dei tre ministri, a libellis, a rationibus, ab epistulis, Callisto, Pallante e Narcisso, di Atte, primo  ed ultimo amore di Nerone, di Pythias nutrice di Ottavia,  di Petronio raffinato, elegante ed emulato amico di Nerone, di Galba  ostile congiurato, della dèa Iside, vittima e vittoriosa. Rilevanti i gruppi di personaggi: gli amici di Nerone, il popolo ostile e benevolo attraverso la sticomythia di opinioni contrarie ed i cori opposti di voci alte e alterne, distinte e dissonanti, non sovrapposte come nel mormorio della folla per le strade e nelle acclamazioni dell’arena o all’unisono come nei cori  misterici e mistici dei canti pagani e cristiani con o senza note di antichi strumenti.

Tra i due nuovi Prefetti del Pretorio, Poppea elegge come alleato il Praefectus Tigellino, prevaricante l’altro Prafectus Rufo, contro Ottavia.  E poiché al centro dell’opera è l’uomo nella vita reale, ciascun personaggio non è statico ma dinamico, vincente se versatile, perdente se inflessibile.

Il paesaggio, con le luci ed i colori del giorno, della notte e delle stagioni ( o l’ambiente) che coinvolge tutti i sensi ma rimane  a dominanza visiva, sfondo dell’azione e fonte di emozione, è: premonitore e partecipe degli accadimenti, scenografia da cui fatalmente traspaiono i destini degli uomini : “alba in plumbeo tulle” per Ottavia sposa negletta, “precipita a terra l’ultimo lauro del bosco dei Cesari” per Nerone che muore, ultimo discendente della gens Giulio-Claudia; in sublime contrasto con gli eventi, stridente scenografia di bello e brutto: … “le radiose chiome dei ciliegi in fiore e…la pira…”. Le coreografie del popolo, degli amici, delle intrattenitrici, dei pretoriani , degli,  eserciti, degli oranti, contemplano la partecipazione, non sempre l’interazione, dei personaggi, a volte irrompendo dall’esterno, a volte promanando dall’interno: “…Mi cinge il carisma degli eserciti avvinti dal carisma dell’eroe”, “…Le puellae Gaditanae tra i barlumi di cerchi di fuoco e le ovazioni degli uomini ancheggiano fino a terra”. Il silenzio spesso sottolinea la solitudine reale o interiore del personaggio, laddove il clamore ne evidenzia il coinvolgimento e la condivisione:  alla fine del suo Impero,Nerone si sveglia “nell’ormai remoto miraggio di una corte ; all’inizio : “…Le guardie applaudono e salutano, -Imperator!”

Lucio Domizio Enobarbo, abbandona il nome di nobiltà plebea sempre oggetto di scherno da parte di Britannico: “Ave Lucio Enobarbo!” per legge in seguito all’adozione e già quando smette la toga praetexta per assumere la toga virilis, la passeggiata, insieme a Claudio, dal Campidoglio ai Fori fino al Tempio di Giove Stator fondato da Romolo, predice fatalmente il suo avvento all’Impero, dopo la necessaria morte del padre adottivo per veneficio di Locusta, il cui veleno nella pisside d’oro è evocato anche nella scena finale dell’opera, ed ordine di Agrippina, successiva al matrimonio con Ottavia, che celebra la vittoria del sangue della gens Giulio-Claudia. La,  da Seneca e Burro potenzialmente ordita, minaccia dell’erede naturale, presunto, remoto opposto di Agrippina a Nerone, si estingue verosimilmente con la morte del ragazzo, insieme alla minaccia della decadenza del  potere, del senno e della spada, dei due fidati di Nerone. Allontanato il potere superiore di Agrippina, strategicamente accusata di altre minacce di opposti, pretendenti al trono, quali Pallante e Rubellio Plauto, ella non consente, romana di eccelsa discendenza, che il centurione, per decisione congiunta di Aniceto, Seneca e Burro, diversa dall’ordine di esilio di Nerone, la uccida: ella brandisce il gladio e si trafigge, dopo aver pronunciato le intensissime parole di amore e morte: “…Feri…Ventrem  Feri!...Occidat dum imperet!”.Nuove alleanze in nuove danze di amore e di potere, sempre dalla parte dei più forti tra i forti:Aniceto, prima complice di Seneca e Burro contro Agrippina, diviene complice di Poppea e Tigellino contro Ottavia. Ottavia, senza la protezione di Agrippina, che con lei molto amata dai Romani desidera proteggere l’Impero del figlio, soccombe a Poppea che ne cospira e decide la morte con Tigellino, per rivalità in amore e per vendetta da figlia a figlia, della morte da madre a madre : Messalina vuole il suicidio di Poppea Sabina Maggiore. Poppea e Nerone, come scrive Tacito, sono ad Anzio quattordici giorni avanti le Calende di agosto, quando scoppia l’incendio di Roma, per cui Nerone punisce in loco solo i colpevoli con le pene del tempo: la tunica molesta, l’esposizione alle belve, la crocifissione per i non cittadini;la comunità cristiana presto si ricostituisce ed  il cristiano Paolo intrattiene corrispondenza con Seneca. Poppea, “che Nerone amò  più di tutto”, è ammalata, dice Svetonio ed in attesa di un secondo figlio, dopo Claudia morta ad Anzio,  per un incidente, anch’ella muore. Al Principe dei Parti , poi Re d’Armenia Tiridate, Nerone dice: “…E’ in mio potere prendere e donare regni”,  rendendolo emblema di Re vassallo, nella superiorità dell’Impero e nella protezione di Roma. A Rufo, coinvolto nella congiura di Pisone, succede Sabi//no che tradisce Nerone affiancando Galba che pretende di agire per volontà  Senatus Populusque Romanus, nella sua corsa verso l’Impero. Alla propria vita e alla propria morte Nerone  dedica le sagge parole di Seneca: “Vita longa si plena!”.

Accanto a Nerone Imperatore, Tacito pone Otone Imperatore che “aggiunge alla sua firma il nome di Nerone, ne fa dipingere ritratti ed erigere statue”.

Accanto all’immagine reale della Domus Aurea , Tacito pone l’immagine virtuale Persepoli del re dei  re, di Dario e di Alessandro per esprimerne la magnificenza.

Accanto all’immagine reale del Circo Massimo, Tacito pone l’immagine virtuale del Colosseo: il nome Colosseo, risultato dell’evoluzione politica, tecnologica, sociale, culturale, dell’architettura anfiteatrale    deriva dal Colosso di Nerone, una statua alta centoventi piedi come scrive Svetonio e sorge nell’area di uno stagnum Neronis, lago artificiale della Domus Aurea , dove Nerone ricrea le Naumachie, battaglie navali greche, come nell’area di anfiteatri lignei con velarium, di cui uno al Campo di Marte, vela per i marinai della Classis Misenensis, poi ludi dell’Anfiteatro Flavio. Tacito, dinanzi alla fama dell’anfiteatro dei Cesariopera il transfert  ideale e temporale di collocare Nerone e Poppea dal Circo Massimo al traslato  Colosseo, attribuendo a Nerone il merito dell’idea ispiratrice della Meraviglia.

 Nerone che ama l’idea del meraviglioso, offre in dono alla Grecia la libertà “ Gli altri Imperatori hanno reso libera una città, Nerone rende libera una Provincia…in nome della discendenza …da Enea capostipite della stirpe Giulia” e nella Domus Aurea, il Divino pervade l’Umano, il Sole bacia la Terra e “la sala rotonda… gira intorno a sé stessa giorno e notte come la Terra”, dice Svetonio.

 

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