Re Umberto II: Padre e Soldato
“…Desiderava coglier di
sua mano i fiori…ma il temporale si scatenava con furia improvvisa…lampi e
tuoni…a torrenti la pioggia…il terreno in tanti piccoli ruscelletti torbidi e
rumorosi…
L’attesa parve troppo lunga…e sotto la pioggia scrosciante…procedeva sicuro
allargando le braccia… come se avesse voluto d’un colpo solo cogliere tutti quei
fiori… e tanti ne colse…radunandoli in fascio sul petto…rari fiori di
montagna…sui quali la pioggia pareva talora trasformarsi in grosse perle di
rugiada…il bel viso scompariva dietro il gran fascio profumato e variopinto…e
gli occhi nerissimi …brillarono quando... tornato sereno il cielo... vide quei
fiori composti in ghirlanda”.
Desidera coglier di sua mano i fiori della Patria...rari fiori nati e
sopravvissuti nelle ostili paludi del male…preziosi, esili, mesti e
fragili…caduchi, recisi, smarriti, diafani coriandoli di petali… sotto le gocce
grevi del dolore della guerra…la luce ed il fragore del fuoco… germogli di
lacrime e sangue in sabbie di nero corallo…
Corre tra i prati di cenere delle città e dei borghi nella speranza di scorgere
i colori di mutili, chine corolle dai colli riversi, gli steli che affiorano
sepolti di fango, inermi bersagli di frecce di piombo…
E tanti ne raccoglie con amore… ed offre loro l’ abbraccio di un Padre che
accoglie i propri figli … portandoli nella casa del Quirinale …nel calore di
una famiglia di fiori …fiori che tenta di estirpare da aiuole rosseggianti
del sangue dell’odio prima che in esse vi sboccino in eterne primavere di
Rosa delle Alpi… il bel viso scompare tra i volti e le voci che si china a
raggiungere e… brillano gli occhi nerissimi quando … porge la mano il bimbo
per il girotondo di festa…
...E sotto la pioggia scrosciante di lacrime di cuori di padri in trincea, che
scendono dalle stelle... nella notte di buio e di silenzio, tacciono le voci
della folla che reclama ed acclama sulla Piazza, dormono i fiori della Patria,
i figli dei soldati della guerra perduta, rimane sempre accesa la luce nella
piccola ala di quel Padre delicato e gentile, che augura la buonanotte e
veglia su coloro i quali un padre più non hanno e dedica loro le cure e le
premure affettuose dei Suoi amorevoli e teneri pensieri paterni e che, nel
diario di Ciano, teme perché conosce il suo esercito e soffre per la guerra
che amareggia l’animo della Sua amata Italia.
Il Re, coraggioso ragazzo soldato tra i soldati che conquista il diritto e la
giustizia per l’ordine internazionale e l’equilibrio tra i popoli, sulle Alpi e
tra le doline carsiche, che ama il Suo servizio, da comandante di plotone, di
compagnia, di battaglione, di reggimento, che condivide la gavetta ed i disagi
dei Suoi soldati, con loro affronta i rischi dell’azione e gli ufficiali ne
emulano l’esempio.
Nel giorno del bombardamento di Cagliari parte in aereo senza scorta e giunge
tra le macerie e le vittime prima delle autorità locali, trascorre il Natale a
San Vittore con le salmerie italiane che portano viveri sull’Appennino e a M.
Marrone scende per le valli e risale i versanti oltre i reticolati per
raggiungere gli artiglieri che lo attendono; presso il Comando alleato sul
fronte di Cassino, parte per la ricognizione su un piccolo aereo pilotato da un
sergente americano a bassissima quota, riferisce sullo stato dei ponti e sulla
disposizione dei tigre, scorge le ferite fisiche e morali inflitte alla
Sua Patria dalla ferocia della violenza della guerra di difesa e di offesa.
Quando giunge l’otto settembre Egli non ha comando.
Il Suo gruppo di armate è sciolto.
Ogni Sua richiesta viene respinta.
Nessun eroe, nessuna gloria.
Gli italiani si domandano :“Ma perché Egli non comanda le divisioni del Sud,
le forze della Sardegna e non viene a liberare la Sua terra?”
Gli italiani si domandano e non possono rispondere.
Gli italiani non comprendono e si smarriscono.
Egli non si smarrisce: …barlumi di sole, tra il grigiore delle nebbie minacciose
delle invasioni, dal Collare dell’Annunziata dai Suoi avi ridotto in pezzi, in
frammenti di vita da donare ai contadini delle Langhe… barlumi di sole e
frammenti di vita da regalare!
Perché il sole risplenda e la vita risorga.
Gli italiani riconoscono il Soldato, che ad ogni bombardamento negli anni di
guerra si prodiga nel porgere aiuto, che incontra il dolore di coloro i quali ne
portano i segni indelebilmente impressi nel corpo e nell’animo nell’ora
triste della rovina in un paese diviso e dilaniato, che aspira alla pace
tra fratelli e cerca di conquistarla oltre le divisioni ed i rancori, oltre
l’odio che accende le passioni e le colora di sangue.
Egli rende il Quirinale un’isola di pace, conduce un esercito di fanciulli,
l’esercito della sofferenza fuori dalla sofferenza stessa, fuori dalla trincea
del combattimento quotidiano con il dolore.
I figli del Re accanto ai figli dei soldati, i figli del Re che mangiano e
giocano con i figli dei soldati, generosi, ligi, fedeli e devoti rimasti per
sempre in trincea con il ritratto di un bimbo che non vedono crescere e che mai
più riabbracciano…
Per la Famiglia e per la Patria, Egli svolge il proprio lavoro intenso con
profondo senso del dovere, forte spirito di abnegazione e senza ostentazione
seguendo la tradizione nobilissima della Sua Casa nei momenti più duri e crea
nel Palazzo del Quirinale:la Casa Maria Beatrice per bambini mutilati di guerra,
la colonia elioterapica Maria Pia per bambini dei quartieri operai di Roma,
l’ambulatorio per i poveri Maria Gabriella, la cucina economica Mafalda di
Savoia per i poveri, un Circolo per l’assistenza dei reduci, un Laboratorio per
la confezione di abiti gratuiti, un Ufficio di assistenza per distribuire
soldi ai bisognosi.
Dal 10 maggio Umberto di Savoia è Re.
Umberto di Savoia, vita fatalmente legata in un indissolubile intreccio di
destino e di storia, emblema morale attorno a cui risorgere per l’Italia che
spera e crede in un nuovo Risorgimento.
Applaudono al nuovo sovrano sulla Piazza del Quirinale.
“ Fiero e commosso ricordo i caduti della lunga guerra …io non desidero che
di essere il primo tra gli italiani nelle ore dolorose , ultimo nelle liete e
nelle une e nelle altre restare vigile custode delle libertà costituzionali e
dei rapporti internazionali che siano fondati su accordi onorevoli ed
accettabili…Italiani…nel mondo sussistono divergenze e divisioni e
affannosamente si ricerca la via della pace… Diamo esempio di concordia nella
nostra Patria martoriata con quella tolleranza che ci è suggerita dalla nostra
civiltà cristiana.
Stringiamoci intorno alla Bandiera sotto la quale si è unificata la Patria e
quattro generazioni di italiani hanno saputo laboriosamente vivere ed
eroicamente morire…”
E nel Proclama del 13 giugno 1946:
Mentre il Paese, da poco uscito da una tragica guerra, vede le sue frontiere
minacciate e la sua stessa unità in pericolo, io credo mio dovere fare quanto
sta ancora in me perché altro dolore ed altre lacrime siano risparmiati al
popolo che ha già tanto sofferto…non volendo opporre la forza al sopruso…io
lascio il suolo del mio Paese, nella speranza di scongiurare agli Italiani
nuovi lutti e nuovi dolori.
Compiendo questo sacrificio nel supremo interesse della Patria… rivolgo
l’esortazione a voler evitare l’acuirsi di dissensi che minaccerebbero l’unità
del Paese, frutto della fede e del sacrificio dei nostri padri.
Si considerino sciolti dal giuramento di fedeltà al Re, non da quello verso la
Patria, coloro che lo hanno prestato e vi hanno tenuto fede attraverso tante
durissime prove… Il mio saluto va a tutti gli Italiani”.
I Fiori della Patria amano ricordare:
“Qualunque sorte attenda il nostro Paese…esso potrà sempre contare su di me
come sul più devoto dei suoi figli… io non desidero che di essere il primo tra
gli italiani nelle ore dolorose …ultimo nelle liete…”
Alessandra d'Epiro Dusmet de Beaulieu
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Riferimenti
bibliografici:
Zuccolo L.Umberto II Re d’Italia, Suppl all’Italia Nuova N 113 del 12 maggio
1946; citazione di M.Zucchi
Grazie alla cortese collaborazione del Sig Benito Allatta